
Le Magare
Le Streghe del Sud tra Fatture, Erbe e Sguardi che Non Perdono
“Magara” è uno di quei nomi che il Sud pronuncia a mezza voce.
In Calabria, in parte della Sicilia e in altre zone del Meridione, magara (o màgara) è la donna a cui vengono attribuiti poteri magici: guaritrice, fattucchiera, strega, dipende da chi parla e in che momento.
Non è un personaggio di fantasia.
È una figura reale, intrecciata alla vita dei paesi: invocata quando serve un rimedio, temuta quando qualcuno ha bisogno di un colpevole.
Il termine è imparentato con tutta la famiglia delle masciare / macare / masciàre, le streghe-guaritrici del Sud, ma in Calabria prende una sfumatura precisa: la Magara è quella che sa fare.
E soprattutto, quella che non fa gratis.
Dove vivono le Magare
Le Magare appartengono soprattutto alla tradizione calabrese, ma la loro ombra lambisce anche Sicilia e parte della Basilicata. In Calabria, in paesi come San Fili, la memoria delle Magare è così radicata da essere diventata anche festa pubblica, “Notte delle Magare”, a metà tra rievocazione e carnevale nero.
Il loro territorio è fatto di:
- vicoli stretti e scale consumate
- case basse ai margini del paese
- cortili dove si stendono i panni, si sussurra e si osserva
- campagne non troppo lontane, dove crescono erbe “che non si buttano in pentola”
La Magara non vive nel bosco fiabesco.
Vive una porta più in là rispetto al resto del paese.
Chi è, davvero, una Magara
Nella tradizione popolare, la Magara è una figura doppia:
- Guaritrice: conosce erbe, unguenti, gesti e formule per sciogliere malocchi, togliere “l’uocchiu”, calmare bambini, lenire malesseri che la medicina ufficiale non vede.
- Strega malefica: se la si offende, se c’è invidia, se qualcuno decide che le cose vanno troppo bene “per forza ha fatto qualcosa”, diventa subito colei che porta sfortuna, malattie, rotture, incidenti.
Questa ambivalenza non è un errore del mito: è esattamente il modo in cui il paese la usa.
La Magara è:
- interpellata quando tutto è già fuori controllo
- accusata quando serve una spiegazione brutale a ciò che non torna
Notti di Magare: uccelli, bambini e uomini fuori di sé
Molti racconti dicono che, quando cala il buio, le Magare cambiano forma.
Secondo la leggenda calabrese, possono trasformarsi in uccelli notturni: gufi, civette, corvi. In questa forma:
- entrano nelle case da comignoli, fessure, finestre socchiuse
- disturbano il sonno delle persone
- rapiscono simbolicamente bambini e ragazze, o li fanno smarrire nel buio
- spingono gli uomini verso follie improvvise, tanto forti da farli camminare carponi e ululare alla luna.
La trasformazione non è fiaba tenera.
È il modo in cui la comunità rende visibile una sensazione: ci sono notti in cui qualcosa ti entra in casa senza bussare.
Malocchi, legature, “magarìe”
La Magara lavora con ciò che può essere nascosto:
- fili, nodi, capelli, pezzi di stoffa, fotografie
- ciotole, piatti, acqua, olio, sale
- erbe raccolte in punti precisi e in momenti che non si dicono.
Può sciogliere malocchi, ma può anche farli.
Può preparare filtri d’amore, ma anche legature ossessive.
Può proteggere, oppure sbriciolare lentamente la vita di qualcuno: lavoro che si blocca, salute che cede, relazioni che si sfaldano.
Nel linguaggio popolare le sue opere diventano “magarìe”: piccoli o grandi interventi invisibili che, alla fine, si notano solo per gli effetti.
Non c’è nessun bisogno di colorare tutto di bianco o di nero: la Magara usa il suo sapere in base a intenzioni, richieste, vendette e convenienze.
Il resto sono giustificazioni per chi la osserva da fuori.
Paese, paura e dipendenza
La comunità ha con le Magare un rapporto ambivalente: le teme, le giudica, le demonizza
ma allo stesso tempo va a cercarle, di nascosto, quando il medico non basta, quando il prete non risponde, quando il caso non è più un’opzione rassicurante.
In molti paesi la figura della Magara è legata a:
- donne sole, vedove, separate, senza “protezione” maschile
- donne con carattere forte, poco piegato
- donne che “vedono troppo” e hanno buona memoria
È comodo trasformarle in streghe cattive.
È meno comodo ammettere che senza di loro, per secoli, la gente sarebbe rimasta ancora più disarmata davanti al mistero.
Demoni, Chiesa e narrazione ufficiale
Non manca quasi mai, nelle versioni cristianizzate, la parte sul patto col diavolo:
- la Magara avrebbe venduto l’anima
- opererebbe solo tramite forze demoniache
- ogni suo atto magico verrebbe letto come peccato, bestemmia, alleanza col male.
Ma questo è il filtro della demonologia, non la radice.
Se si guarda sotto, si trova:
- un residuo di culti più antichi, spesso legati alla natura, alle acque, agli alberi
- una tradizione di medicina popolare e magia pratica
- una gestione “dal basso” di poteri che la Chiesa e le autorità non controllavano
Chiamarla “del diavolo” è stato un modo per rendere illegittimo un potere che non passava dagli altari ufficiali.
L’archetipo della Magara oggi
L’energia della Magara appartiene a chi:
- non ha paura di usare il proprio sapere, sapendo che ha conseguenze reali
- non si nasconde dietro il “tutto luce e amore”
- conosce i punti deboli dei sistemi, delle relazioni, dei corpi… e potrebbe intervenire, se vuole
- sa sporcare le mani con la realtà, invece di restare in astratto
- porta ancora in sé il legame con erbe, oggetti, fili, nodi, acqua, sale
La Magara non è un modello da imitare alla cieca. È un promemoria crudo:
La magia è uno strumento.
Non è buona né cattiva.
Dipende da chi la tiene in mano e da quanto è disposto a pagare il prezzo di ciò che fa.


